Intervistiamo Alfonso Tagliaferri, Console d’Italia a Cape Town.
Oggi siamo in compagnia di Alfonso Tagliaferri, Console d’Italia a Cape Town dal 18 maggio 2015, con competenza territoriale anche sulle province di Western Cape, Eastern Cape e Northern Cape, oltre che sull’Isola di Sant’Elena (UK). Insieme al Console Tagliaferri abbiamo affrontato molti argomenti cari sia agli italiani che vivono a Cape Town sia a quelli che stanno pensando di trasferirsi in Sudafrica.
Grazie alle competenze del Console maturate sul territorio, siamo riusciti ad avere un quadro importante della situazione oggi a Cape Town.
Tra consigli, riflessioni e curiosità, intervistiamo oggi il Console d’Italia a Cape Town.
- Buongiorno Console Tagliaferri, perché, secondo Lei, molti italiani decidono di trasferirsi a Cape Town?
La città richiama persone dal tutto il mondo attratte soprattutto dalla sua bellezza e dalla natura straripante, che magari non si riscontra nelle città italiane. È un agglomerato abbastanza grande da sembrare una metropoli, ma allo stesso tempo abbastanza piccolo da sembrare una cittadina. È tutto molto a portata di mano e misura d’uomo. È inoltre una città dove si parla inglese, il clima è buono, il fuso orario è lo stesso dell’Italia e offre l’idea generale di “terra di opportunità”. Il Sudafrica è un Paese con tanto potenziale e si ha la percezione che con delle buone idee si possano esaudire i propri sogni. Non è un posto facile, ma se ti sai muovere ci sono possibilità.
- Come sono percepiti ed accolti gli italiani a Cape Town?
Gli italiani sono senz’altro accolti bene, un po’ per il nostro bagaglio di simpatia e umanità e un po’ perché, rispetto agli altri europei, abbiamo un passato coloniale in Africa minore. Per i sudafricani rappresentiamo europei un sogno di sviluppo, ma in quanto italiani siamo percepiti più caldi e rilassati, rispetto ai nordeuropei per esempio. Dalla nostra abbiamo poi un grande bagaglio artistico-culturale e, infine, rappresentiamo, soprattutto per la comunità nera, il calcio. Un lato degli italiani che attrae moltissimo.
- Come descriverebbe la comunità italiana di Cape Town?
È una comunità abbastanza storica e stratificata. È la comunità più numerosa in Africa, dopo quella di Johannesburg; parliamo di circa 10.000 persone con passaporto italiano. In totale, siamo circa 40.000.
In Sudafrica il primo grande nucleo di italiani è arrivato con i campi di prigionia durante la Seconda guerra mondiale. Parliamo di italiani che venivano fatti prigionieri in Nord Africa e inviati in Sudafrica per essere internati in campi vicino Cape Town e Johannesburg. Uno di questi campi arrivò a raccogliere oltre 100.000 italiani, diventando una vera e propria città con teatri, scuole e ospedali. Quando finì la guerra e gli italiani furono liberati, molti di loro decisero di rimanere perché ormai integrati.
Un secondo nucleo di italiani in Sudafrica si ebbe negli anni ’60/’70, perché durante l’Apartheid il governo cercava personale bianco qualificato.
Infine, un terzo livello di emigrazione più recente è quello che viene definito “la nuova mobilità”. In questo caso a trasferirsi sono spesso persone giovani o famiglie ben educate con alti livelli di istruzione. Una scelta che viene fatta non tanto per necessità quanto per curiosità o per voglia di cercare un posto diverso e allargare i propri orizzonti.
- Quali sono i settori lavorativi in città più ambiti dagli italiani? E quelli dove gli italiani sono più presenti?
A Cape Town non ci sono settori più ambiti, ma settori in cui è più facile inserirsi, come quelli del turismo e della ristorazione. Molti italiani lavorano nelle costruzioni, altri in aziende che si occupano di rinnovabili. In particolare l’Italia in Sudafrica è il Paese leader nelle energie rinnovabili. Siamo nel solare, nel fotovoltaico e un pochino nell’idroelettrico. Molti altri italiani, invece, sono nella carriera universitaria, come professori e ricercatori. E altri ancora nell’agricoltura. Quindi da una parte hospitality, turismo, food e dall’altra energia e tech.
- La comunità italiana è diffusa su tutto il territorio urbano o si concentra in una zona in particolare?
Direi che è diffusa in tutto il territorio urbano, maggiormente in quartieri di livello medio alto. Siamo presenti anche nel quartiere di Atlantic Seaboard, in centro e Table View, soprattutto d’estate.
- Quali sono le principali differenze tra lo stile di vita italiano e quello sudafricano? E quali i tratti in comune?
Lo stile di vita sudafricano è rilassato, easy, informale. C’è meno fretta, meno stress. Allo stesso tempo è uno stile di vita che può sembrare molto individualista, con un forte senso della privacy. Vi sono alcune abitudini che “scioccano” inizialmente l’italiano. Tra questi, il pagare a cena ciascuno la sua parte, il dover portare la propria carne se si è invitati a un barbecue e così via.
Tratti in comune: forse la gioia di vivere, il godersi la vita. Gli italiani sono famosi per la “dolce vita” e anche i sudafricani sono molto gelosi del loro tempo libero; non hanno pudore di staccare il venerdì alle tre di pomeriggio per andare in spiaggia o di tenere chiuse le proprie attività commerciali durante il weekend per stare in famiglia.
- Lo scorso anno, a seguito della richiesta presso la Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie del M.A.E.C.I., nonché la collaborazione del Consolato di Città del Capo, è nato il “Progetto WELCOME” che favorisce l’accoglienza e l’integrazione degli italiani che si sono appena trasferiti a Cape Town. Come si sta evolvendo questo progetto?
È un progetto del COMITES, il Comitato per gli Italiani all’Estero, presente in tutti i paesi in cui vi è una comunità italiana maggiore di 3000 italiani. La comunità stessa può votare una sua rappresentanza sul territorio. Sono quindi i rappresentanti in loco degli italiani. Questi comitati di italiani, eletti dagli italiani stessi, sono finanziati per le loro attività dal Ministero degli Esteri e sono supervisionati dal Consolato. Alla luce della nuova emigrazione italiana che stiamo vivendo, per intercettare ed aiutare questi nuovi flussi, il Ministero invita a creare dei meccanismi. Per questo, come Consolato abbiamo suggerito uno sportello di prima accoglienza. Lanciato ormai un paio di anni fa, oggi per praticità è solo online e telefonico. È uno sportello che aiuta, in particolare, le fasce un po’ meno scolarizzate o con meno mezzi.
Il Consolato da parte sua ha creato due meccanismi associativi: il NIRC Network rivolto ai ricercatori italiani a Cape Town che, tra le tante attività che svolge, organizza ogni tre mesi uno Science Café aperto a tutta la comunità.
E poi il CIAO SA, ovvero un network di imprenditori rivolto a chiunque dall’Italia o dal Sudafrica sia indirizzato a sviluppare i rapporti commerciali bilaterali di Italia/Sudafrica. È una piattaforma semplice e gratuita, molto simile a Linkedin.
- In che misura e in che modo la comunità italiana contribuisce alla comunità sudafricana?
La comunità italiana è seria, lavoratrice, ben integrata. Contribuisce sia da un punto di vista professionale/tecnico, sia da un punto di vista creativo e culturale. Addirittura c’è un’italiana in Parlamento, la Deputata Natasha Mazzone, che è di origini napoletane.
- Quali sono gli aspetti che contraddistinguono Cape Town dalle altre città sudafricane?
Cape Town sicuramente dal punto di vista estetico è più bella, è più a misura d’uomo, è meno caotica e meno trafficata, dunque è più vivibile rispetto a Johannesburg. Tra gli svantaggi, il fatto che sia un pochino meno cosmopolita. Johannesburg accoglie di più ed è una città in cui le componenti nere, bianche, colorate sono meglio integrate.
Possiamo dire che Johannesburg è uno specchio più vero della società Sudafricana, è una città più viva culturalmente, anche di notte, dove è più facile conoscere davvero qualcuno. Cape Town a volte si specchia un po’ troppo nella sua bellezza ed è una città dove le fratture portate dall’apartheid sono ancora molto visibili e quindi la separazione tra bianchi e neri è ancora tangibile. Si tende a mischiarsi meno.
Città molto bella, vivibile però forse un po’ sedata dal punto di vista sociale, avrebbe bisogno di una “shakerata”.
- Quali consigli si sente di dare ad un connazionale che decide di trasferirsi a Cape Town?
Come tutti gli spostamenti all’estero: leggere il più possibile, informarsi e arrivare preparati sia per un’esperienza più godibile che per evitare problemi e imprevisti. Se si pensa di trasferirsi in città e di lavorare in città io consiglio di vivere in centro così da evitare il traffico, presente nell’entrare e nell’uscire in città. Se possibile, consiglio di mantenere qualche tipo di introito in euro, al fine di diminuire l’impatto con il cambio in rand; guadagnare in rand espone a un rischio di cambio molto forte e questo può rendere più vulnerabile. Infine godersi la città con buon senso per tutto quello che riguarda aspetti che in Italia diamo per scontati: come sicurezza e copertura sanitarie. Consiglio quindi di farsi un buona assicurazione sanitaria con cui fronteggiare eventuali problemi di salute.
- Si sente spesso dire che Cape Town è una città molto pericolosa. Qual è il suo parere in merito?
Obiettivamente i numeri parlano chiaro. Il Sudafrica è un Paese con un alto tasso di omicidi, rapine e di micro- criminalità. Quindi non posso certo affermare che la città non sia pericolosa; peraltro negli ultimi mesi il trend non è positivo. A Cape Town stanno aumentando gli episodi criminali: purtroppo non soltanto nelle Township o nelle zone più degradate, ma anche in città.
Per fortuna a me non è mai capitato nulla in questi anni, ma come Consolato sentiamo che questi episodi succedono. Allo stesso tempo mi sento di dire che è una pericolosità che non si percepisce in modo palpabile perché se si gira di giorno, in gruppo, si può andare in centro anche a piedi. Consiglio di frequentare i quartieri più sicuri, muoversi con la macchina e non muoversi da soli nelle ore notturne. Se si ha buon senso Cape Town è una città molto vivibile.
Non sconsiglierei di venire né ai turisti né alle persone che vogliono trasferirsi, però non bisogna dimenticare che rimane una città con fortissime diseguaglianze sociali e quindi la criminalità è reale. La città è percepita come una città rilassata, come una bolla all’interno del Continente africano, e questo fa sì che si abbassi un po’ la guardia; il turista magari si beve una birra in più o rimane in spiaggia di notte: sono tutte cose che è meglio evitare. È una città che si può vivere, visitare, abitare, ma con attenzione.
- Quali sono i suoi tre luoghi del cuore di Cape Town?
In primo luogo, la spiaggia di Beta Beach, un piccolo tratto di litorale vicino Camps Bay, che mi fece conoscere una persona a me molto cara. É vicina alla mia precedente casa e quando potevo, uscendo dall’ufficio d’estate, mi godevo lì il tramonto. Ho passato lì momenti molto belli.
Un luogo invece più legato alla città è il Tennis Club di Gardens che è proprio di fronte a casa mia. Qui vale la regola del “Social”, ossia andare lì il sabato e senza prenotazione né preavviso formare le squadre di tennis, o bere una birra in modo molto rilassato. Come fosse una piazza, dove si può andare senza prenotare e senza invito.
Il terzo luogo del cuore è la strada che connette Camps Bay a Lladudno Beach, verso Hout Bay. Una strada meravigliosa. Mi ricordo come fosse ieri quando l’ho percorsa con la macchina la prima volta. Mi diede un senso di grandissima libertà, di bellezza, di contatto con il mare, quell’odore fortissimo di salsedine, una luce speciale che solo Cape Town può regalare.
Ringraziamo di cuore il Console Tagliaferri per la sua cortese disponibilità.
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