Intervista a Michela Sfiligoi. “Ayama Farm è il mio angolo di paradiso in Sudafrica!”

È il 1999 quando la friulana Michela Sfiligoi, durante un viaggio di piacere, si innamora perdutamente del Sudafrica.
Da allora torna ogni anno in vacanza fino quando, insieme al marito Attilio Dal Piaz, decide di trasferirsi e creare Ayama Farm, un’azienda vitivinicola a cinquanta chilometri da Cape Town.
Un’avventura straordinaria, mossa da grande passione, solidarietà e determinazione.

Oggi intervistiamo Michela Sfiligoi che ci racconta la storia di Ayama Farm. Le abbiamo chiesto che cosa significa lavorare in Sudafrica, com’è stato creare un’azienda vinicola di successo e dei suoi tantissimi progetti nel Paese Arcobaleno.

Winelands sudafrica farm

Buongiorno Michela, ti va di raccontarci che cosa ti ha portato in Sudafrica dal Friuli?

La risposta è comune a tanti italiani: mi ha portato qui una vacanza. Sono venuta per la prima volta in Sudafrica nel 1999 e mi sono sentita subito a casa. Il Paese ha conquistato subito una parte del mio cuore.
Dal ’99 sono tornata ogni anno finché ci ho portato Attilio, quello che oggi è mio marito.
Nell’aprile del 2003 siamo tornati con una coppia di amici per dieci giorni.
Era la mia prima volta nel Western Cape.
Una sera, dopo molto vino, ci siamo detti che era troppo costoso venirci ogni anno solo in vacanza e che era il momento di pensare di costruire qui qualcosa insieme, di più duraturo. Il nostro amico ha detto subito di sì.
Così, mio marito Attilio ed io, siamo scesi nuovamente a gennaio per due mesi con l’intento di cercare una piccola wine farm. Lui è agronomo, mentre io vengo dal mondo del vino perché la mia famiglia ha un’azienda vinicola.
Non sapevamo niente del Paese, della sua economia o stabilità politica. L’intento era informarci e capire se poteva fare al caso nostro.
Così siamo andati alla Camera di Commercio sudafricana che ci ha fornito molte informazioni e successivamente ci siamo recati al Ministero dell’Agricoltura.
Una volta qui abbiamo fatto più di 6000 chilometri con l’auto a noleggio, accompagnati da agenti immobiliari, per cercare una piccola farm. Due mesi di ricerca.
L’ultimo giorno, prima di rientrare in Italia, il nostro agente ci ha detto che c’era un’ultima farm da mostrarci, molto più grande però di ciò che cercavamo noi.
Siamo arrivati e abbiamo capito subito che era lei. Ci siamo innamorati subito.

Ayama Farm Sudafrica

Com’è nata l’idea di creare Ayama Farm?

Quando abbiamo comprato Ayama, l’azienda aveva già 40 ettari di vigna, ma le uve le vendeva la cooperativa qui presente.
La nostra idea era quella di dare valore aggiunto all’azienda, nel nostro caso la vinificazione e vendita del vino.


Il nome Ayama è nato quando ho cominciato a lavorare sull’etichetta e sul branding.
Volevo un nome che non fosse italiano né inglese.
Ho trovato una parola africana in un piccolo libro comprato a Stellenbosch. Un libro di nomi africani, molto semplici. E tra le parole che ho letto c’era Ayama, che vuol dire “qualcuno su cui contare” in lingua Xhosa. Mi è piaciuto subito il suo significato. Ecco come è nato il nome!

Ayama Slent Farm Sudafrica vermentino

Il Sudafrica ha una storia vinicola in continuo sviluppo e forte crescita. Com’è stato entrarvi in contatto e successivamente inserirsi in questo contesto?

Inizialmente siamo stati molto a guardare, soprattutto la parte agricola.
Attilio, pur essendo un agronomo di grande esperienza, si è reso subito conto che i terreni qui sono molto più antichi rispetto a quelli che abbiamo in Italia, le varietà dei vitigni erano tutte francesi e poi vi era una questione di cultura molto diversa, dal punto di vista della gestione della manodopera.
Per questo motivo, i primi anni ci siamo affidati al precedente manager, fin tanto che Attilio non ha preso confidenza e ha capito certi meccanismi.

Nel mondo del vino, invece, siamo entrati più facilmente perché abbiamo vinificato già dal primo anno.
Il mondo del vino qui è molto piccolo, non è l’Italia. La produzione è molto più piccola e ci sono molte meno aziende. È un aiutarsi a vicenda.
La difficoltà all’epoca era che inizialmente il vino sudafricano nel mondo aveva una percentuale di mercato molto bassa. Il brand Sudafrica legato al vino ha cominciato a decollare nel mondo solo dopo i Mondiali di Calcio.
Noi volevamo comunque aggiungere qualcosa di nuovo, nonostante fossimo dei novizi.
Per questo nel 2006, abbiamo pensato di creare un vitigno italiano che non fosse presente sul territorio.
È nato così il progetto del vermentino, di cui siamo molto orgogliosi.

Oggi il vitigno è entrato nella storia del mondo del vino del Sudafrica, rimarremo nei libri di storia!

Ayama Farm Sudafrica

Come si è sviluppato il progetto del vermentino?

Abbiamo portato il vermentino lavorando con Augusto Fabbro che è un esperto di cloni in Italia. Lo abbiamo invitato da noi e ci ha consigliato la varietà del vermentino di Gallura.
Il processo però è stato molto lungo.
Abbiamo cominciato da cinque gemme, autorizzate ad entrare nel Paese, con tutti i certificati.
Una volta entrate, le gemme devono stare in quarantena due anni, che a conti fatti avendo qui le stagioni invertite, sono stati tre anni.
Successivamente abbiamo avuto il consenso di propagare.
Dalle cinque gemme, abbiamo cominciato a fare le viti e ci sono voluti altri tre anni per fare il primo ettaro.
Finalmente nel 2014 siamo riusciti a piantare il primo fermentino in Sudafrica.
Oggi siamo alla quarta annata di vino!
È stata un’avventura vera, con alti e bassi specialmente nel mondo commerciale, ma dal punto di vista della produzione è stato entusiasmante.

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Ayama Farm Sudafrica Vermentino

Sappiamo che Ayama Farm ospita una comunità di 55 persone, tra adulti e bambini, che collaborano al mantenimento della farm che dal 1993 fa parte del progetto per la conservazione del patrimonio nazionale del Sudafrica. Ci racconti di più?

Quando abbiamo comprato la tenuta non sapevamo che saremmo diventati genitori di una grande famiglia. Da noi vivono 55 persone, di cui 20 sono nostri dipendenti fissi.
In questo caso entra in gioco la diversità culturale.
A differenza dell’Italia, qui i dipendenti fanno parte di una grande famiglia: un giorno sei consigliere, un giorno genitore, un giorno sei il capo.
Siamo stati catapultati in una nuova realtà.
Siamo stati fortunati perché i precedenti proprietari ci hanno aiutato moltissimo, insegnandoci ad entrare in contatto con questa diversità culturale e non fare errori.
La proprietaria specialmente è stata una vera amica, una consigliera preziosa.

Ayama Farm Sudafrica

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Sappiamo che ogni anno organizzate il Festival del Carciofo. Da dove nasce questa idea? E quando ci sarà la prossima edizione?

In Sudafrica si trova davvero tutto ma una delle cose ci è mancata subito erano certi prodotti italiani: la mozzarella di bufala e alcune verdure.
Abbiamo così fatto un piccolo orto: mio marito si è organizzato con le melanzane, il radicchio di Treviso, i pomodori e i carciofi.
I
nizialmente per consumo personale, ma il passaparola tra gli amici ha fatto sì che la coltivazione dei carciofi aumentasse, trasformandosi poi in una produzione commerciale.
L’idea del festival è venuta perché alcuni amici italiani organizzavano ogni anno un pranzo a base di carciofi, su invito.
Essendoci tanto interesse e richieste, noi abbiamo pensato di organizzare un’intera giornata dove poter assaggiare tante ricette diverse a base di carciofi e allargare allo stesso tempo il mercato.
La prima edizione l’abbiamo fatta nel 2018 ed è stata un successo incredibile con 250 partecipanti.

L’anno successivo l’abbiamo allargata ulteriormente a 400 e quest’anno, non potendo ospitare 400 persone per il social distancing, faremo comunque un’edizione con due giornate ogni weekend per tutto il mese di settembre.
Inoltre, da luglio a settembre faremo la consegna a domicilio del festival!
In collaborazione con il ristorante Pesce Azzurro porteremo una box a casa con piatti a base di carciofi insieme al nostro vino, il vermentino (che è perfetto insieme ai carciofi!).

Quindi un’edizione in azienda con 70 persone per giornata e un’edizione a domicilio del festival.

Festival del Carciofo Ayama farm
Ayama Farm Sudafrica

Quali sono i principali vini di Ayama Farm e dove è possibile acquistarli?

Il vino principale è il vermentino. Il fratello rosso è il carignan.
Volevamo anche una varietà rossa ma in questa particolare zona ci sono pochi vitigni italiani che avrebbero attecchito velocemente come il vermentino, per cui abbiamo optato per una varietà che c’era già, il carignan appunto, legandoci un po’ al fatto che in Sardegna esiste il carignagn del Sulcis.
Ayama è famosa per lo chenin e il pinotage, essendo questa la zona Principe per queste varietà.
Poi facciamo merlot, syrah, petit syrah, viognier, grenache. Soprattutto quest’ultime sono varietà che abbiamo piantato noi, dopo aver comprato l’azienda.
Abbiamo sicuramente dato importanza allo chenin e al pinotage, già presenti, e abbiamo piantato altri due ettari di chenin.
Facciamo quindi chenin in vari stili: da quello fresco e fruttato, a quello più ricco e complesso. Giochiamo un po’ sulla vinificazione.
Lo stesso per il pinotage, a cui poi abbiamo aggiunto varietà un po’ curiose come il grenache blanc e noir, e il petite sirah.

I nostri vini si possono trovare in Italia, abbiamo un importatore che AfriWines. In Sudafrica facciamo la vendita sia in azienda sia con il nostro e-commerce. Altrimenti un nostro grosso mercato è in questo momento il nord-Europa e Asia.

Ayama Farm Sudafrica vini

Quali vitigni annovera la tenuta?

Oltre il vermentino, siamo vicini ad avere 20 ettari di vigna solo di chenin, di cui 18 ettari saranno tra pochi anni considerati “vigneto storico” in quanto hanno più di 30 anni.

Abbiamo poi il pinotage che gli enologi sudafricani non amano molto in generale. Noi abbiamo invece un grande alleato in questo vitigno. Lo vinifichiamo in stile italiano, quindi è molto pulito. Il pinotage è molto ridotto, talvolta ha un profumo non proprio perfetto. Mentre il nostro viene molto pulito, fresco e fruttato.

Siamo poi molto orgogliosi del carignan, di cui abbiamo imbottigliato le prime due annate a novembre scorso. È stata davvero una sorpresa: un vitigno che è conosciuto per non essere un grande vitigno, però nel Sulcis fanno queste cose meravigliose e diciamo che noi ci avviciniamo, anche se siamo ancora del novelli.

Sappiamo che producete anche olio d’oliva. Com’è nata questa produzione?

Merito di mio marito, appassionato di olio d’oliva da sempre.
Da agronomo ha capito che qui c’erano tutte le condizioni migliori per piantare degli ulivi. Così abbiamo fatto nel 2007, piantando tre varietà italiane, leccino, coratina e frantoio, ancora attive, più la varietà mission, ovvero la varietà più comune in Sudafrica.
Il primo olio l’abbiamo fatto nel 2012.
Qui coltivare l’olivo è più semplice che in Italia, in quanto non ha bisogno di particolari attenzioni. L’olio è praticamente biologico, perché non devi farci praticamente niente ed è buonissimo.

Inizialmente abbiamo fatto fatica perché non si vendeva, i sudafricani non sono abituati all’olio di oliva, ma in questi otto anni il mercato si è decisamente allargato.
Oggi molti sudafricani lo consumano regolarmente, grazie anche a una grande campagna all’uso dell’olio di oliva da parte dell’associazione che si occupa di questo.
La qualità è comparabile alla migliore italiana.

Qual è la mission di Ayama farm? E quali sono i servizi che proponete?

La mission è essere sostenibile come azienda e come business. Non usiamo molte macchine, sia per le condizioni dei vigneti in Sudafrica sia per dare lavoro alle persone.
Vogliamo aiutare la comunità. Per questo motivo, abbiamo creato un piccolo asilo per i figli degli operai che lavorano con noi. Lo abbiamo fondato nel 2016, insieme a un’altra azienda, e oggi conta 30 bambini e 2 maestre.
Per quanto riguarda i servizi, ci piace regalare una buona ospitalità a chi ci viene a trovare. Abbiamo una bellissima sala degustazione dove facciamo eventi, abbiamo ristrutturato un paio di cottage che sono diventati guest house.
Abbiamo cercato di creare un angolo di paradiso con una splendida vista panoramica!

Ayama Farm Sudafrica

Per i turisti che visitano le Winelands, che cosa consigli di fare e di vedere?

Se vieni per la prima volta consiglio Stellenbosch e Franschhoek, sono paesini molto belli che hanno tanto da offrire ai turisti.
Per chi vuole vivere il Sudafrica un po’ più rustico, consiglio la zona della nostra montagna conosciuta come Swartland Revolution.
Ci sono molte enoteche e produttori famosi in questa zona.
Qui vivi un Sudafrica ancora selvaggio, con vigneti meravigliosi e grandissimi vini da provare.

Quali sono, invece, i tuoi luoghi del cuore di Cape Town?

Cape Town è una bellissima città, specialmente di giorno.
Mi piace andare a Waterfront perché è pieno di vita.
Amo molto frequentare i food market, come l’Old Biscuit Mill e l’Oranjezicht City Farm Market. E i mercatini su Long street, dove scovare prodotti artigianali tipicamente sudafricani. E poi ovviamente la Table Mountain, Capo di Buona Speranza…potrei continuare all’infinito!

Grazie mille Michela per questa splendida intervista!

Maggiori informazioni su Ayama Slent Farm sul sito ufficiale dell’azienda a questo link.

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